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RE-EVOLUZIONE UMANA


Come vivere le 4 aree base dell’essere umano esistenziale-fisica-emozionale-cognitiva
in modo performante.


Andrea Ghedina, l’autore, ha vissuto un’esperienza di pre-morte che ha cambiato per sempre la sua percezione dell’esistenza. Era il 1997. Quel giorno ebbe la precisa percezione che in breve tempo sarebbe morto, se la sua vita non avesse cambiato direzione in modo importante. Da allora, grazie al suo cammino personale e alla condivisione delle esperienze dirette e presenti in letteratura, ha trasformato il suo modo di vivere molte volte. Laureato in osteopatia in Germania, lavora come osteopata, occupandosi In particolare di ritmi bio-oscillatori e di come utilizzare differenti approcci palpatori ritmici a fini terapeutici. In quel lontano 1997, quando ebbe la buona sorte di vedersi morto in una visione lucida, senza morire, iniziò il viaggio per una ricerca di consapevolezza, che lo ha portato oggi a scrivere una parte del suo percorso, ma soprattutto le soluzioni che questa via ha reso oggi disponibili a tutti.

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NAVIGARE LA VITA



>La vita è un terreno complesso su cui si gioca una partita non ripetibile. Puoi fare un gesto molte volte. Ogni volta sarà diverso, anche se sembrerà lo stesso. Il tempo scandisce le differenze e regola il ritmo dei gesti, dei pensieri e delle emozioni. A loro volta questi creano il tempo. Quello che percepiamo, come lo percepiamo.

La decisione di scrivere questo libro è scaturita al termine di un percorso, in cui la mia soddisfazione nel cercare di seguire gli studi scientifici da una parte, i maestri senza più tempo della letteratura filosofica, spirituale e delle esperienze di vita che ho attraversato, è caduta in un profondo abisso. Un baratro dal fondo del quale qualche cosa mi ha sussurrato nelle viscere di dire come la sento, come la vedo e come non la vedo.

Un’iguana di nome Igu, soprannominata “la nonna”, ha vissuto con me per 23 anni e mezzo. La nonna è stata sì - lei - una grande maestra di vita. Quando la acquistai in un negozio a Bolzano, era poco più grande di una lucertola. Mi documentai acquistando libri e leggendo trattati sulla vita delle iguane in cattività. In poco tempo avevo acquisito tutte la conoscenza riguardo al cibo ideale, alla temperatura corretta, all’arredamento da darle all’interno del terrario, insomma ero diventato “un esperto da libro”. Senza nessuna esperienza ma con la voglia di incominciare. Passarono i primi due anni e l’iguana cresceva. A quel tempo abitavo con Luisa, la mia prima moglie, in un appartamento al primo piano, con vista sulla campagna. Con i primi caldi avevamo pensato di metterla in balcone per qualche ora. Beh, lei si buttò dal balcone e sparì nel verde attorno. La cercammo nel cortile, tra gli alberi e nelle vigne. Tutto inutile. Un animale verde che passa il suo tempo a stare fermo a prendere il sole e a mangiare foglie non è così facile da trovare in un paesaggio per lo più verde! Attaccammo dei manifesti in tutto il cortile, nella via dove abitavamo, suscitando la sorpresa e a volte lo spavento di alcuni. Nessuno trovò Igu. Ci rassegnammo. Pensavamo alla povera iguana in mezzo ai gatti randagi. L’avevamo data per spacciata. Era il mese di giugno. Ai primi giorni di ottobre la nostra dirimpettaia, ci avvertì che c’era un’iguana nel passeggino di suo figlio, che rimaneva normalmente parcheggiato, fuori dal portone di ingresso del nostro piccolo condominio. Era lei! Con i primi cali di temperatura e le prime piogge battenti, la nonna, tutt’altro che a caso, era tornata.

La facemmo vedere subito da un conoscente veterinario, fresco di università ma che si stava specializzando in rettili. Ci disse di tenerla sotto attenta osservazione, di darle da mangiare poco alla volta, perché sicuramente, non avendo avuto i comfort della vita precedente, in appartamento, sarebbe stata più debole e delicata. Luisa ed io ci guardammo perplessi. Capivamo i suoi timori da medico, le sue preoccupazioni. La cosa strana è che tutti e tre avevamo davanti lo stesso animale. Lui vedeva un essere indebolito, in difficoltà e bisognoso di cure; noi vedevamo un animale cresciuto, in piena forma, che se avesse saputo e potuto fare il dito medio a tutti e tre, non avrebbe esitato. Congedammo il nostro conoscente, pensando a come un indottrinamento culturale potesse rendere ciechi di fronte ad un’evidenza come quella che avevamo dinnanzi. C’è da dire che Igu aveva degli occhi incredibili, ti penetrava e ti scannerizzava con lo sguardo e capivi in un istante se il rimando di quello sguardo voleva dirti: ciao, oppure sparisci!

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