La mia storia
>La mancanza della pienezza, percepita come un vuoto che spinge a cercare, è stato l’inizio. Dalla prima infanzia in avanti, ho raccolto per strada, mano a mano, piccoli o più grandi pezzi di un puzzle che inizio ora a capire un po’ meglio. Tutte le persone della mia vita, a partire dai miei genitori, per finire a mia moglie ed ai miei figli, con in mezzo tutti gli altri nel tempo e nello spazio, sono gli attori di questo spettacolo di cui sono protagonista con loro. La mancanza di pienezza di cui scrivo è ontologica ed io, come un vaso vuoto, cerco di riempire di “esistenza” questo spazio biologico che dura il tempo di una vita. Quando nasciamo, ognuno di noi ha la missione di riempire il vaso della propria esistenza di qualcosa. Ognuno di noi è però diverso nelle dimensioni del proprio vaso e nelle cose che è chiamato a metterci dentro nel corso della sua esistenza.
Così…
Mi ero spesso sentito non al mio posto, non nella mia storia. A volte mi pareva di osservarmi dall’esterno e vedevo la vita di quel “me” che osservavo, scorrere senza un orizzonte importante, non per diventare famoso o ricco o che so io. La storia del me che osservava aveva un ritorno di immagine, di informazione, di una persona – il me osservato – che mancava di sapore vero, di colori, di passione e di coscienza. Vi dico questo partendo dal presupposto che fin da quando ero bambino, sono stato capace di pensieri importanti, filosofici, letterali e psicologici. A vent’anni o poco più avevo studiato da autodidatta tutta la storia della letteratura russa dal ‘700 al ‘900 solo per il piacere di farlo. Leggevo di psicologia, di religione, di filosofia come a quell’età si leggono i fumetti o i romanzi leggeri, prima di dormire. Contemporaneamente ero un atleta di buon livello nelle arti del combattimento orientali e occidentali, diplomato alla scuola superiore di Educazione Fisica con il massimo dei voti, gestivo un centro di fitness con due soci. Avevo fatto dello sport, della pratica fisica, il mio lavoro, lasciando tutto ciò che avevo studiato ed inseguito in altri ambiti, nei ritagli del mio tempo libero.
Le difficoltà
Un giorno ebbi la precisa percezione che in breve tempo sarei morto, se la mia vita non avesse cambiato direzione in modo importante. Non è un modo di dire: ebbi la visione di me stesso che andava a deporre dei fiori sulla tomba del me che aveva condotto questa vita fuorviante, non piena, non significante. Una percezione come in un sogno, in cui ti svegli sudato e con il cuore che batte all’impazzata, ma che più tragicamente avveniva da sveglio, come in uno sdoppiamento di coscienza, senza grosse palpitazioni emozionali. In quel momento era solo una regia che mi proponeva una delle possibili soluzioni per il prossimo futuro: la mia morte fisica, biologica. Non mi dava alternative, soluzioni diverse, piani B o altro. Avrei dovuto cercarmi le alternative da solo, perlustrando nuove terre, camminando per nuovi sentieri dell’essere…
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