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RE-EVOLUZIONE UMANA


Come vivere le 4 aree base dell’essere umano esistenziale-fisica-emozionale-cognitiva
in modo performante.


Andrea Ghedina, l’autore, ha vissuto un’esperienza di pre-morte che ha cambiato per sempre la sua percezione dell’esistenza. Era il 1997. Quel giorno ebbe la precisa percezione che in breve tempo sarebbe morto, se la sua vita non avesse cambiato direzione in modo importante. Da allora, grazie al suo cammino personale e alla condivisione delle esperienze dirette e presenti in letteratura, ha trasformato il suo modo di vivere molte volte. Laureato in osteopatia in Germania, lavora come osteopata, occupandosi In particolare di ritmi bio-oscillatori e di come utilizzare differenti approcci palpatori ritmici a fini terapeutici. In quel lontano 1997, quando ebbe la buona sorte di vedersi morto in una visione lucida, senza morire, iniziò il viaggio per una ricerca di consapevolezza, che lo ha portato oggi a scrivere una parte del suo percorso, ma soprattutto le soluzioni che questa via ha reso oggi disponibili a tutti.

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Introduzione



>Importante introdurre questo libro. Di libri sullo sviluppo personale se ne trovano molti. Sulla filosofia della coscienza, sulla spiritualità… un’infinità. Sul fitness, gli esercizi fisici, l’alimentazione, c’è da perdersi. Per non parlare del mental coaching, cioè l’allenamento delle facoltà mentali necessarie per ottenere determinati obiettivi. Neanche vorrei scivolare sull’enorme offerta di prodotti per conoscere e gestire la propria emotività.

Desidero utilizzare, come in una ricetta di cucina, un pizzico di scienza, di filosofia, di matematica e certamente di esperienza. Questo testo porta una serie di sintesi di esperienze di vita centrate sullo sviluppo spontaneo e ricercato, attraverso l’allenamento della propria consapevolezza di sé e del mondo, grazie alle informazioni condivise con la comunità tramite le banche dati, i libri, le riviste, il web ecc. Il titolo “RE-EVOLUZIONE UMANA” dichiaratamente provocatorio è anche in realtà quello che sento dentro, quello che più si adatta al contenuto di quello che sto scrivendo. Per evoluzione umana, antropogenesi o ominazione si intende il processo di origine ed evoluzione dell’Homo sapiens come specie distinta e la sua diffusione sulla Terra. (1)

Una delle caratteristiche che contraddistinguono l’aumento della possibilità di una forte spinta evolutiva o involutiva è la pressione che l’ambiente attua sugli esseri che lo vivono.

La selezione naturale è il meccanismo evolutivo proposto dal naturalista britannico C.R. Darwin nell’ambito della sua teoria dell’evoluzione ed esposto nel libro “Sull’origine delle specie per selezione naturale” (1859). Darwin, osservando le differenze fra specie affini viventi nelle diverse isole dell’Arcipelago delle Galápagos, si convinse che la lenta modificazione delle specie, la loro evoluzione quindi, era dovuta principalmente alla selezione naturale: sopravvivono e si riproducono cioè gli individui dotati di caratteristiche più vantaggiose nella lotta per l’esistenza (in sostanza meglio adattati all’ambiente). In base alle attuali conoscenze di genetica, la selezione naturale è oggi interpretata come il fattore casuale che favorisce l’aumento di determinate frequenze di alleli – due o più forme alternative dello stesso gene - nei geni di una popolazione (neodarwinismo). (2)

Negli ultimi decenni la scoperta dell’epigenetica ha creato una piccola rivoluzione nella comprensione dei meccanismi di comunicazione tra una generazione ed un’altra, cioè a breve termine rispetto alla lenta modalità di regolazione genica selettiva ipotizzata da Darwin ed anche dal neodarwinismo, che comprende periodi di selezione e poi mutamento molto lunghi nella storia delle differenti generazioni di una determinata specie.

Nel corso della vita di un individuo, l’ambiente (ma anche le esperienze, in senso lato) induce specifiche regolazioni a carico dei geni, che vengono trasmesse da una generazione all’altra. Viene definita come lo studio dei cambiamenti ereditabili nell’espressione genica che non sono causati da cambiamenti nella sequenza del DNA. Più poeticamente, l’epigenoma, ovvero il genoma che ha subito la modulazione indotta dall’ambiente, può essere definito come la “sinfonia che risuona nelle nostre cellule”. Le cellule utilizzano il DNA, lo stesso DNA, in modi diversi, come un’orchestra che può eseguire lo stesso spartito con diverse interpretazioni. (3)

Scrive Francesco Bottaccioli, padre della psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI): «Certamente non è in discussione l’evoluzionismo o la centralità della ricerca genetica, ma è sotto accusa un paradigma scientifico, neo-darvinista e riduzionista, ancorato a una visione metafisica del genoma, il cui cambiamento viene concepito possibile solo casualmente e che non contempla la retroazione adattativa dell’organismo sull’ambiente. In realtà, come abbiamo visto, i meccanismi epigenetici non sono circoscritti alle prime fasi dello sviluppo embrionale, bensì sono attivi anche nell’adulto rappresentando la risposta adattativa del genoma all’ambiente e alle sue modificazioni. Il genoma, di per sé, è l’insieme di una gamma di adattamenti all’ambiente, che può essere più o meno valido anche in virtù di possibili difetti contenuti nella sequenza delle basi, ma esso esprime solo una potenzialità: per passare dalla potenza all’atto deve essere sottoposto a un programma di espressione. Adesso è chiaro che il genoma è programmato dall’epigenoma». (4)

Il merito per avere coniato, nel 1942, il termine epigenetica, definita come «la branca della biologia che studia le interazioni causali fra i geni e il loro prodotto cellulare e pone in essere il fenotipo», viene attribuito a Conrad Hal Waddington (1905-1975). (5)

Questo ha portato alla consapevolezza, grazie a diversi studi sperimentali, che l’ambiente e il comportamento di un individuo possono influire sulla ereditarietà delle espressioni geniche, quello che viene chiamato comunemente “fenotipo”, attraverso più generazioni. Studi su modelli animali e anche umani, hanno evidenziato come le risposte adattative ad un ambiente che pone una pressione adattativa importante siano trasmissibili tra due e più generazioni contigue. Uno studio è stato fatto sui discendenti delle vittime dell’olocausto per comprendere se fosse possibile che ciò che avevano subito i genitori potesse trasmettersi ai figli, in termini di sensibilizzazione da stress molto elevata. (6)

Oggi, l’accelerazione compiuta nella crescita di numero e attività degli esseri umani è divenuta di per sé una pressione ambientale evidente, oltre a quella già esistente dei naturali ritmi e cicli della natura sulla Terra. La pressione selettiva culturale e tecnologica è divenuta altrettanto importante di quella naturale. Le indicazioni su ciò che questo comporterà in termini evolutivi ad oggi sono contrastanti. La cultura e la tecnologia saranno fattori di pressione ambientale favorevoli o sfavorevoli alla nostra capacità di adattamento? L’ambiente cosiddetto naturale, fortemente antropizzato e modificato nella composizione dell’aria, dell’acqua e del terreno che ruolo giocherà in questo scenario di possibilità odierne e future? (7)


(7) Dall’analisi di alcuni studi è emerso che la selezione naturale avrebbe agito, nell’arco di poche generazioni, attraverso alcuni cambiamenti biologici quali il menarca nelle donne. Ciò depone a favore dell’ipotesi che la selezione naturale agisce ancora oggi ma in tempi tali che i suoi effetti sono facilmente oscurati dall’enorme velocità di cambiamento delle società moderne. (8)

Oggi quindi la velocità di sviluppo tecnologica e culturale pone tutti noi esseri umani in una pressione ambientale molto importante. Questo costringe a degli adattamenti di tutto l’insieme di noi stessi. La parte fisica, biologica, attraverso modificazioni dell’ambiente, dei fattori inquinanti nell’aria, nel cibo e nell’acqua, dalla sovrabbondanza di cibo dei paesi più ricchi alla carenza cronica in quelli più poveri. La parte emotiva, costretta a soggiacere a razionali di livello sempre più elevato o pronta ad esplodere o a manifestarsi nelle sue forme più estreme attraverso situazioni di forte disagio o di insostenibile abbondanza. La parte cognitiva, sempre più spinta ad aumentare le proprie conoscenze specifiche e sempre più dissimile tra le varie aree del mondo e tra le diverse classi socio-culturali. La parte esistenziale o spirituale delegata a comparsa di ultimo ordine oppure scomparsa, o ancora, distorta da fedi non più sostenibili dal grado di conoscenza raggiunto dall’umanità. La spinta verso un aumento di ritmo rispetto al cambiamento, la velocità con la quale oggi si trasforma tutto in qualcosa di altro molto velocemente, insinua all’interno di un’esistenza sola, quello che è stato vissuto da più generazioni nel passato, rispetto alla quantità di informazioni che necessitiamo di processare durante l’arco della nostra vita, ogni giorno.

Questo porta inesorabilmente ad una probabilità di variazione epigenetiche e forse anche genetiche più importante. Un cambiamento sostenibile, quale che esso sia nell’immediato nostro futuro personale e per le dirette generazioni a venire, diviene desiderio e spinta di vita o almeno vale la pena dello sforzo. Come fare, da dove iniziare? Dal tempo presente. Ora, qui e adesso.

Per tentare di fare questo, porto innanzitutto il racconto di come sia arrivato ad avere una certa consapevolezza rispetto ad alcune modalità che l’essere umano normalmente utilizza per sviluppare conoscenza-coscienza di sé nel corso della vita.

In secondo luogo cerco di fare chiarezza su alcuni termini ampiamente usati in filosofia e nella dicitura corrente che riguardano la parte spirituale, la parte del pensiero, la parte emozionale e a volte anche fisica. Cerco di spiegare il perché preferisco non usare termini quali “mente o mentale”, “spirito o spirituale” ed altro.

Il motivo per cui certe parole sono poco o per nulla usate da me in questo libro è che esse assumono una varietà di significati molto, molto ampia, come nel caso di mente o di coscienza, oppure il motivo risiede nel fatto che alcuni termini, come spirito ad esempio, richiamano forti connotazioni radicate socialmente nelle culture religiose, o nella speculazione metafisica individuale agnostica, così da creare una quasi automatica identificazione in determinate strutture del pensiero umano già esistenti, compreso un accantonamento del motivo spirituale da coloro che si definiscono e percepiscono atei e unicamente materialisti e/o razionalisti.

Questo perché sono convinto, dall’esperienza della vita e dalle conoscenze che ho acquisito e sperimentato, che così come tutti possediamo di base due arti superiori, due arti inferiori, un busto ed un capo, così tutti condividiamo come esseri umani delle strutture cognitivo-comportamentali che spaziano dalla sfera fisica a quella emotiva, andando a quella intellettuale, fino a quella più esistenziale. E così come per alcuni di noi la vita ha preservato un’aggiunta di difficoltà, menomandolo/a di uno o più arti, così per alcuni, i sentieri dell’emotività sono poco conosciuti o per nulla, così come le parti intellettuali per altri sono ipertrofiche, magari a scapito di quelle fisiche o di quelle esistenziali. Eccetera, eccetera.
Esistono esseri umani di grande valore e conoscenza specifica. Un campione sportivo di alto livello, per esempio, certamente per diventare tale avrà acquisito delle capacità intellettuali legate alla sua performance; delle capacità relazionali e di business importanti, che magari lo renderanno capace dopo il periodo delle performance atletiche, di sviluppare un’azienda, legata al settore o ad altro, di reintegrarsi come manager sportivo o allenatore. Va da sé che per fare questo bisogna possedere delle capacità relazionali, intellettuali, fisiche, di buon livello; lo stesso campione però potrebbe essere molto dotato unicamente delle capacità necessarie per vincere dei tornei, delle competizioni. Così al termine della sua carriera non sarà particolarmente performante in attività quali il management o l’imprenditoria in genere. Cambiando esempio: uno scienziato che passa ore ed ore a processare informazioni al computer, avrà sviluppato delle capacità molto alte e specifiche di tipo intellettuale, non gli saranno richiesti compiti fisici di livello atletico, gli basterà potersi muovere autonomamente e per farlo potrebbe anche servirsi di tecnologia adatta allo scopo se non in grado di farlo direttamente. Emotivamente non sono richieste abilità particolari, a meno che non gestisca gruppi di lavoro e importanti lavori di gruppo in problem solving con tempi ristretti ed alto indice di stress.

Un uomo di chiesa ad esempio, fa lo stesso di che confessione religiosa, avrà il compito di approfondire la parte esistenziale, rispetto alla credenza che esiste qualche cosa al di là della nostra capacità di sentire con i sensi fisici, dei nostri pensieri ordinari, dei nostri stati emotivi. Non gli sarà richiesto di essere particolarmente atletico, intellettualmente non serve che sia uno scienziato, né serve che abbia studiato recitazione per mostrare sfaccettature di stati emotivi ricercati, anche se gli è richiesto - e studia per questo - modi per comunicare efficacemente con le persone che lo ascoltano, come i fedeli.

Un attore studia e si esercita fisicamente, emotivamente per lo più come comunicare al pubblico gli stati psico-emotivi dei personaggi che interpreta. Non serve che sia un esperto di metafisica, un religioso, o un filosofo, per quanto ad un attore sicuramente si richiede una buona conoscenza di molti argomenti dello spettro dei comportamenti umani, anche a seconda delle parti che è chiamato ad interpretare.
Questi pochi esempi per dire che ognuno di noi tendenzialmente sviluppa delle capacità che sono proprie del genere umano, ma le sviluppa in modo unico e personale, spesso approfondendo alcuni aspetti a scapito di altri, ipertrofizzando alcune parti e lasciando nell’infanzia dell’essere altre ancora. Oppure accade, più raramente, di persone abilmente capaci di essere molto varie e complete ma che nella loro vita, proprio grazie a questo, rimangono ad un alto livello di prestazioni relazionali, senza approfondire con un atto volitivo, il perché sia così, o come fare per comprendere significati che si possono acquisire uscendo dalla relazione con l’altro ed immergendosi nella relazione con sé stessi, lo stato capace di trascendere la realtà percettiva della relazioni trasversali, per immergersi nella relazione tra le diverse parti di sé.

Ci sono persone che semplicemente vivono, fanno esperienze e difficilmente si pongono domande di portata filosofica esistenziale sul significato della vita, della morte, eccetera a meno che non capitino eventi gravi, tali da sconvolgere il quotidiano dispiegarsi della vita stessa. Vi sono altre persone, che in misura maggiore o minore, quale che sia la vita che conducano, portano con sé sempre la stessa domanda, o probabilmente la stessa famiglia di domande su alcune questioni di fondo. Un esempio può essere: «Cosa ci faccio qui?». Ammesso che si dia un senso a questo e si accenni ad una soluzione, la seconda questione sarà: «Come lo faccio?». Sempre la stessa famiglia di persone si sente spesso come straniera a casa propria, o nel posto sbagliato e/o nel momento sbagliato, ecc.

Questo libro desidero scriverlo, sia per coloro che da sempre sono più tormentati rispetto a richieste di ricerca in maggiore direzione esistenziale, sia per coloro che soprattutto utilizzano le esperienze della propria vita per cercare di comprenderla meglio e che dentro sé stessi non si sentono attratti da domande fondamentali sulla vita, ma le quali domande emergono prima o poi nel corso dell’esistenza, grazie all’esperienza di vivere.

Esiste poi una parte di umanità che non è spinta in maniera evidente a fare domande su se stessa, sia che si tratti della salute, delle proprie emozioni, del proprio pensiero, eccetera. Possono essere persone preformanti o meno, ma che sono spinte per loro estrazione culturale o tendenza propria a delegare molto all’esterno di sé i contributi positivi o negativi alla propria identità. Così delegano alla medicina la loro salute, alle religioni la loro spiritualità, alle scuole e agli istituti accreditati la loro formazione, a determinate organizzazioni di persone il loro valore e così via. Queste persone spesso anche di fronte ad avvenimenti importanti tendono continuamente ad appoggiarsi alle organizzazioni esterne. Facendo esperienza accumulano attraverso il confronto delle informazioni tutta una serie di considerazioni per crearsi una opinione sui temi principali della vita. Quindi anche per queste persone può essere interessante leggermi. Come vedremo più avanti forse… particolarmente per costoro.

Come persona, come essere umano, non potrà che succedere che più o meno nel corso della tua vita costruirai una modalità di esplorazione cognitiva, con la quale imparerai ad avere affinità, uguaglianza, simpatia, empatia, compassione con una serie di eventi /o persone. Con altri eventi o persone invece svilupperai più o meno coscientemente la capacità di avere disprezzo, disgusto, antipatia, distanza, freddezza e separazione.

Il modo con cui ti rapporti con eventi della vita, con persone, animali, piante ecc. dipende da molti fattori.

Questo libro tocca alcuni aspetti profondi dell’essere umano; lo vuole fare attraverso una via semplice e di indirizzo pratico: alcuni suggerimenti affinché le diverse tipologie di persone possano incrementare la costruzione del proprio edificio identitario, della propria casa dell’essere, attraverso delle direzioni operative, pratiche che attraverso l’azione stimolino l’emergere di nuovi significati. Quasi a dire che l’impronta, la forma attraverso la quale si costruisce l’azione, la struttura che veicola l’informazione e l’energia diviene determinante per l’emergere del significato, almeno alla pari del significato stesso dei singoli elementi che si connettono tra loro.

Per questo intento, uso per prima cosa il racconto della mia esperienza personale, per fare comprendere le difficoltà e il superamento di queste difficoltà, attraverso una pratica mirata. In modo che la mia esperienza, sicuramente unica e irripetibile, narrata nella maniera adeguata possa divenire risonante ad altre persone, ad altre esperienze.

Ho identificato quattro aree di sviluppo personale della propria conoscenza, là dove conoscenza ha una connessione con consapevolezza e un’altra ancora con coscienza, legame che non è automatico. Possiamo dire che il legame tra i tre aggettivi c’è ma non è di 1 a 1. Ovvero non si può dire che una certa quantità di conoscenza sviluppi la stessa quantità di consapevolezza e tanto meno di coscienza. Forse perché possiedono unità di misura diverse… l’ho già accennato all’inizio dell’introduzione e lo spiegherò meglio nel capitolo che spiega il motivo per cui desidero usare poco alcuni termini.

Tornando alle aree… la suddivisione è nata dal tentare di identificare dei settori che siano non sostituibili da altri o che non gli escludano, nella complessa sfera delle caratteristiche umane. È un inizio, cui seguiranno altri approfondimenti.

Elenco delle aree di base dell’essere umano:

1. Area esistenziale

2. Area fisica

3. Area emozionale

4. Area cognitiva

Spiegherò a breve, nei prossimi capitoli, il significato di questa scelta e ancor più il significato di queste parole e non di altre.

Lasciate semplicemente che la vita vi porti, come una barca nell’acqua. Anche senza timoniere approderete comunque a qualche riva per voi opportuna. Proviamo a capire nei prossimi capitoli come navigare, che rotta tenere, se ce n’è una e a quale nuova riva ci potrebbe portare.

Ad ogni modo, buon viaggio.

Sei pronto, sei pronta?

Ok iniziamo!

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